Sbiancamento denti professionale: i consigli del dentista

Sbiancamento denti professionale: i consigli del dentista

Lo sbiancamento denti professionale è uno dei servizi più richiesti ai dentisti, per tornare ad avere denti bianchi e lucidi in breve tempo.

Cosa lo differenzia dagli sbiancanti denti che si utilizzano in casa? Quanto dura la seduta e, soprattutto, quanto durano poi i denti bianchi?

Ne parliamo in questo articolo, dedicato proprio allo sbiancamento dentale professionale.

 

Cosa usano i dentisti per sbiancare i denti?

Lo sbiancamento dentale a opera dei dentisti viene effettuato dopo una seduta di pulizia dei denti. Prima si elimina tutto il tartaro e la placca depositata, quindi si prosegue con l’applicazione di prodotti dall’effetto sbiancante.

Quali sono questi prodotti? Sono due soluzioni chimiche, in particolare:

Entrambi sono in formulazione gel, che vengono applicati rispettivamente sulla superficie dei denti e su apposite mascherine da lasciare in posa.

Anche i tempi dei trattamenti cambiano: con il gel a base di perossido di idrogeno sono necessarie dalle due alle quattro applicazioni, per almeno 15 minuti ciascuna; il perossido di carbammide, applicato sulle mascherine, richiede una posa di 30 minuti.

Se hai già fatto una seduta di sbiancamento denti dal dentista, saprai che non ci si limita ad applicare il gel sui denti, ma si potenzia la sua efficacia attraverso l’uso del laser.

Nello sbiancamento denti con laser, la luce emanata direttamente sui denti favorisce l’attivazione del perossido di idrogeno che penetra all’interno della struttura del dente e scompone le molecole che compongono le macchine in particelle più piccole, facili da eliminare.

 

Ogni quanto fare sbiancamento denti?

È difficile dare una risposta univoca a questa domanda, in quanto l’ingiallimento dei denti dipende da vari fattori e cambia da persona a persona.

In genere, è opportuno eseguire lo sbiancamento subito dopo una seduta di detartrasi, consigliata una volta all’anno. Chi fuma, però, potrebbe ritrovarsi i denti gialli molto prima, quindi dovrebbe recarsi dal dentista anche ogni sei mesi.

Il tuo dentista di fiducia saprà consigliarti al meglio su quando riprendere l’appuntamento e quali accortezze prendere per ritardare il più possibile la comparsa delle macchie sui denti.

 

Cosa non fare dopo lo sbiancamento dentale?

Subito dopo lo sbiancamento, i denti restano più sensibili e propensi ad assorbire pigmenti che potrebbero vanificare il lavoro del dentista e far tornare le macchie prima del previsto.

Ecco perché è bene evitare cibi, liquidi e brutte abitudini come:

  • assumere tè, caffè, vino e bevande pigmentate che creano macchie scure sui denti;
  • alimenti colorati, in particolare del mondo vegetale, come ciliegie, barbabietole, pomodori, lamponi, more e tutti quelli che in genere creano macchie colorate sulla lingua e sui denti;
  • cioccolata e liquirizia, anch’essi due alimenti molto pigmentate;
  • alimenti ad alto contenuto di acidità e bibite gassate, come il limone o la coca-cola, che potrebbero danneggiare i denti ancora sensibili dopo lo sbiancamento.

Il fumo, per la presenza di tabacco e nicotina, è anch’esso nemico di un sorriso bianco e smagliante. Meglio evitare di fumare almeno per le sei-otto ore successive alla seduta di sbiancamento.

 

 

Dopo quante ore dopo lo sbiancamento si può mangiare?

È possibile mangiare già dopo un paio d’ore dalla fine della seduta. Tolti i cibi sopra menzionati e tutti gli altri che possono macchiare i denti, si può serenamente mangiare tutto: dalle proteine della carne e del pesce ai primi piatti, purché siano alimenti poco colorati.

Le mele e il latte possono essere consumate, e se proprio non si può fare a meno di una bevanda non alcolica colorata come la coca-cola o l’aranciata, si può ricorrere per qualche giorno all’uso della cannuccia.

 

Quando dura il dolore ai denti dopo lo sbiancamento?

Lo sbiancante denti, che sia a base di idrogeno o di carbammide, non crea un vero e proprio dolore. I denti più sensibili potrebbero però reagire al freddo e al caldo eccessivo degli alimenti, soprattutto se, di base, si soffre di disturbi quali gengivite o si hanno denti iper-sensibili a prescindere dal trattamento odontoiatrico.

Una sensibilità accentuata può permanere per qualche giorno. Se dovesse persistere, meglio contattare il dentista.

È probabile che situazioni di dolore ai denti siano legate più alla seduta di pulizia dei denti che allo sbiancamento vero e proprio, dato che, per la detartrasi, si utilizzano strumenti che potrebbero infastidire le gengive più fragili.

 

Cosa fare dopo lo sbiancamento dentale

Esclusi tutti i comportamenti sopra riportati, si può vivere sereni con tutte le attività quotidiane solite dopo una seduta di sbiancamento denti.

Vogliamo aggiungere solo un altro suggerimento tra i consigli post sbiancamento dentale: curare bene l’igiene orale giornalmente ritarda non solo la comparsa delle macchie sui denti, ma anche la visita dal dentista.

Utilizza dopo ogni pasto spazzolino e dentifricio, anche uno sbiancante per agire ogni giorno contro i denti gialli o i denti macchiati, e integra collutorio e filo interdentale per eliminare tutti i residui di cibo e rallentare la produzione di tartaro.

Contattaci per prenotare la tua seduta di sbiancamento dentale presso il nostro studio.

Granuloma denti: cause, sintomi e cura

Granuloma denti: cause, sintomi e cura

Diagnosi: granuloma ai denti? Niente paura, vediamo in questo articolo in cosa consiste il granuloma e come guarire con l’aiuto del dentista.

I denti, insieme alle ossa, sono le parti del nostro organismo più resistenti. Ciononostante possono essere interessati da malattie e disturbi di vario tipo, e fra questi è da annoverare anche il granuloma dentale, o granuloma apicale.

Il granuloma dentale è un’infiammazione dell’ apice radicale, ossia la parte terminale della radice del dente. Si presenta sotto la forma di una cisti gengivale e nella maggior parte dei casi risulta essere asintomatico, e pertanto tende a  cronicizzare.

Nella sua forma semplice, infatti, il granuloma dentale non viene avvertito dal paziente perché non causa nessun sintomo, e rimane costante, senza dare origine ad alcun episodio acuto, anche per parecchio tempo.

Il granuloma dentale è spesso conseguenza di carie non curate, denti rotti o scheggiati e si manifesta a causa della proliferazione batterica attraverso i canali radicolari, ovvero canali all’interno della radice in cui scorrono fibre nervose e vasi sanguigni.

Questi batteri lentamente, ma progressivamente, sconfinano nelle zone circostanti fino ad arrivare spesso alla polpa dentale, ossia il cuore vitale del dente, all’interno della quale sono racchiuse terminazioni nervose, vasi sanguigni e cellule addette alla produzione della dentina. In tal modo possono causare infiammazioni gravi fino ad arrivare alla necrosi.

Il granuloma dentale può essere di tre tipi:

  • granuloma dentale semplice, la forma più diffusa, dove l’infiammazione arriva fino alla radice del dente e si manifesta con arrossamento e leggero gonfiore della zona circostante;
  • granuloma suppurato, quando in fase avanzata di infiammazione, si manifesta produzione di pus;
  • granuloma ascessualizzato, quando l’infiammazione ormai cronica causa ascesso al dente.

Seppure in fase iniziale il granuloma dentale non manifesti sintomi, col passare del tempo può comportare dolori anche parecchio forti, fastidi gengivali e gonfiore, ma nei casi più gravi può anche interessare le altri parti del volto, dando origine a dolori all’occhio, mal di testa frequenti e ingrossamento dei linfonodi situati sul collo.

Le conseguenze di un granuloma dentale non sono solo localizzate, ma possono generalizzarsi e interessare tutto l’organismo. Se trascurato, infatti, terrà sempre attivo il sistema immunitario, con tossine batteriche abbondanti e rischi di patologie importanti a livello sistemico.

Per curare il granuloma dentale non sempre si ricorre all’estrazione del dente, anzi questa soluzione si adotta solo nei casi più gravi; spesso la migliore cura è la devitalizzazione del dente. Malgrado quello che si pensa, però, la devitalizzazione non significa che il dente non sia vivo, ed è per questo che il granuloma può manifestarsi anche all’interno di un dente già devitalizzato.

Sebbene si tratti di un’infiammazione, inoltre, l’assunzione di antibiotici per via orale non è sempre utile, perché spesso questi non riescono a trattare una infezione così profonda come quella che si sviluppa in questi casi.

 

Cause granuloma: cosa può provocare un granuloma dentale?

 Il granuloma dentale può dipendere da numerose cause:

  • carie trascurate e in fase avanzata,
  • denti scheggiati o traumi dentali,
  • pulpiti, ossia infiammazioni della polpa del dente, non curate,
  • necrosi della polpa del dente non trattata,
  • conseguenza di devitalizzazioni o estrazioni dentali non corrette,
  • conseguenza di otturazioni non corrette,
  • malattie paradontali, come gengiviti e parodontiti.

Qualunque sia la causa, il processo infiammatorio è comune a tutti: si crea infatti un terreno fertile per la proliferazione di batteri, che trovano un facile accesso all’interno del dente.

 

 

Cosa fare in caso di granuloma ai denti?

Per curare un granuloma ai denti è fondamentale, innanzitutto, fare una corretta diagnosi e quindi individuarne l’esatto posizionamento e la tipologia. Il granuloma dentale non si riassorbe da solo: per guarire è necessario effettuare una visita dallo specialista ed esami diagnostici mirati. Fatto ciò, la cura può essere di quattro tipi:

  • devitalizzazione del dente, ossia la radice del dente viene sterilizzata e la polpa asportata, il dente viene ripulito di tutti i residui batterici e riempito di un materiale biocompatibile e sigillato;
  • ritrattamento della cura canalare, che si adotta nel caso in cui il dente interessato da granuloma sia già devitalizzato; in questo caso va rimosso il materiale all’interno del dente, ripulito e riempito nuovamente;
  • apicectomia, ossia la rimozione dell’apice del dente tramite intervento chirurgico e devitalizzazione della radice;
  • estrazione dentale, alla quale si ricorre solo nei casi più gravi, poiché si tratta di un intervento radicale e non reversibile.

 

Quanto tempo ci vuole per guarire da un granuloma dentale?

I tempi di guarigione di un granuloma ai denti dipendono da diversi fattori, ma certamente la tempestività nell’intervento rappresenta il punto focale: prima si interviene per la sua rimozione, prima si guarirà.

Seppure i sintomi locali, come dolore, gonfiore e indolenzimento durante la masticazione, passino nel giro di pochi giorni, una completa guarigione può richiedere anche mesi e tutto dipende dall’entità dell’infiammazione.

Per essere sicuri di una totale scomparsa dei sintomi e della patologia è necessario che le radiografie di controllo mostrino un’area pulita attorno al dente, senza quel tipico alone nero che lo contraddistingue in caso di infiammazione.

È quindi necessario effettuare visite e radiografie periodiche, ma soprattutto seguire semplici ma fondamentali regole, come una corretta pulizia dentale e una sana alimentazione.

Piorrea: sintomi iniziali, cause e cura

Piorrea: sintomi iniziali, cause e cura

Gengive sensibili, fragili, talvolta pruriginose: se avverti questa sensazione di fastidio in bocca, non ignorare i segnali e corri subito dal dentista.

Potrebbe trattarsi dei sintomi iniziali della piorrea, una malattia che, con l’andare del tempo e se non ben curata, può portare alla perdita di denti.

 

Cos’è la piorrea?

La piorrea dei denti, o parodontite, è un’infiammazione cronica delle gengive, il tessuto che sostiene il dente insieme all’osso alveolare, al legamento parodontale e al cemento radicolare.

Si stima che sia la sesta malattia più diffusa al mondo, anche se in molti non si rendono conto di soffrirne se non quando si trova già in stadio avanzato.

La parodontite è così frequente soprattutto per le sue cause, spesso di natura ambientale: fumo, presenza di placca, obesità, diabete, stress, carenza di vitamina C sono tutte legate allo sviluppo dell’infiammazione delle gengive.

La piorrea, però, può essere anche sintomo di una malattia sistemica, come spiegato dall’American Academy of Periodontology nel 2017. In questo caso, si avrà un’infiammazione delle gengive come risultato di malattie sistemiche di natura ematologica o genetica, come la Sindrome di Down, il Morbo di Chron, la leucemia, la neutropenia e altre patologie.

Ciò che non cambia, qualunque sia la sua causa, è la manifestazione della piorrea, ossia i suoi sintomi.

 

Piorrea: sintomi iniziali e stadi

Rendersi conto della piorrea iniziale non è facile, poiché non sempre i sintomi sono visibili e presenti.

La piorrea, causata da una carica batterica in eccesso sulla placca, lavora in maniera “silente” e ci si accorge dei sintomi solo quando l’infiammazione si trova a uno stadio più avanzato.

Come si fa a capire, quindi, se si ha la piorrea?

Tra i sintomi piorrea più comuni possiamo annoverare:

  • prurito alle gengive: è una sensazione di fastidio pruriginoso che si avverte soprattutto dopo i pasti o dopo aver assunto alimenti e bevande irritanti, come il caffè, le bevande gassate, pomodori, pesche, fragole, formaggio stagionato, salumi;
  • alitosi: la presenza di un alito cattivo persistente è indice di una carica batterica alta e di una concentrazione dei batteri nei tessuti. Per questo, così come in presenza di carie l’alito tende ad essere poco gradevole, allo stesso modo la malattia parodontale può portare a un’alitosi persistente.
  • sanguinamento gengivale leggero: i tessuti delle gengive tendono a formare piccole lacerazioni, soprattutto allo spazzolamento e durante la pulizia dei denti. Ciò comporta una maggiore tendenza a ferite e perdite ematiche.

In fase più avanzata, i sintomi quali l’alitosi e il sanguinamento peggiorano. A questi si aggiungono:

  • recessione gengivale: la piorrea comporta una riduzione del tessuto gengivale, creando quel fenomeno che spesso viene definito “gengive che si ritirano”. Il dente, così più esposto, può diventare più instabile poiché viene a mancare il sostegno del parodonte, causando, negli anni, una maggiore propensione alla caduta;
  • comparsa di spazi tra i denti: la maggiore mobilità comporta un distanziamento tra i denti che crea scompensi nell’equilibrio della distribuzione dentale;
  • dolore alla masticazione: la dolorabilità alla masticazione aumenta mano a mano che la malattia progredisce. Se masticare reca dolore, è probabile che la patologia sia ad uno stadio già avanzato, in cui i denti si muovono e solo un terzo della radice del dente si trova nell’osso.

 

 

Come si cura la piorrea?

Nella sua forma di origine non sistemica, quindi non legata ad altre patologie, la parodontite è causata per la maggior parte delle volte da un eccesso di placca e tartaro, quindi dall’accumulo batterico.

Nella fase di piorrea iniziale, quindi, il miglior trattamento è quello di curare l’igiene orale, utilizzando prodotti indicati per le gengive sensibili e spazzolini a setole morbide per evitare di sollecitare i tessuti già fragili.

Ciò, però, non basta. In presenza di piorrea, è infatti necessario recarsi dal proprio odontoiatra per stilare un piano di cure che preservi le gengive e i denti, evitando così di arrivare in futuro alla perdita degli stessi per mancanza di sostegno adeguato.

 

Parodontite: cure e trattamenti in ambulatorio

Il primo trattamento che il dentista effettua in caso di piorrea è quello della pulizia profonda dei denti, ossia la detartrasi, in cui utilizza strumenti sia manuali che ultrasonici per la rimozione del tartaro e della placca.

In questo modo elimina la carica batterica presente tra i denti, le gengive e le sacche parodontali, causa principale dello sviluppo della parodontite.

In seguito, se alla radiografia delle arcate dentarie e alla visita risultano delle zone già infettate, il medico potrebbe procedere con la levigatura articolare, che serve appunto ad eliminare le parti della dentina o del cemento radicolare infetti.

A seconda del grado di sviluppo della piorrea, l’odontoiatra potrebbe prescrivere degli sciacqui con collutorio a base antibiotica o una terapia antibiotica in pillole.

 

Acqua ossigenata per piorrea: serve o no?

Affrontiamo, in conclusione, un argomento che divide non solo chi soffre di piorrea, ma anche parte della comunità scientifica: si può usare l’acqua ossigenata per la piorrea, in forma di sciacqui giornalieri?

Il perossido di idrogeno è utilizzato spesso durante le sedute di igiene orale dai dentisti, proprio per la sua capacità antibatterica profonda; tuttavia, l’odontoiatra può controllarne agevolmente la concentrazione e sa come proteggere i denti e le gengive dall’azione erosiva.

Fare degli sciacqui in casa con acqua ossigenata per la piorrea è una prassi praticata, ma non consigliabile. Esistono altri prodotti più sicuri, che se ingeriti in minima quantità non creano alcun danno al corpo, a differenza del perossido di idrogeno che va usato con massima cautela.

Parodontopatia: 8 domande più frequenti

Parodontopatia: 8 domande più frequenti

La parodontopatia è un disturbo che mette a rischio la bellezza, ma anche la salute dei denti.

Oltre al fattore estetico, infatti, la parodontopatia può portare a danni irreparabili sui denti, causandone la caduta o l’instabilità per via della retrazione delle gengive.

Spesso associata a una banale gengivite, magari un po’ troppo insistente, la parodontopatia è invece una malattia che va curata dal dentista, con trattamenti e terapie specifiche per contrastare sia l’infezione che l’infiammazione, prima che possa diventare una parodontopatia cronica.

Sulla parodontite rimangono ancora molti dubbi da parte dei pazienti. In questo articolo cercheremo di rispondere a tutte le domande più frequenti che riguardano parodontite e piorrea, spesso erroneamente usate come sinonimi.

 

1) Cosa si intende per parodontopatia?

La parodontopatia o parodontite è un’infezione batterica che si manifesta con una forte infiammazione dei tessuti dentali. Riguarda, quindi, la gengiva, ma anche i tessuti interni che compongono il dente. È inoltre una malattia degenerativa, perché porta al deterioramento dei tessuti, fino alla loro perdita totale.

 

2) Quali sono le cause della parodontopatia?

La parodontite è causata da un eccesso di batteri. La bocca è normalmente popolata da batteri che il sistema immunitario riesce facilmente a tenere a bada, finché non diventano troppi. Quando l’igiene orale viene trascurata, i batteri si raggruppano sui denti e formano la cosiddetta placca dentale, una patina presente sullo smalto dentale nella quale possono moltiplicarsi indisturbati. Le tossine prodotte dai batteri portano in un primo momento alla gengivite, che si manifesta con gengive che sanguinano quando si spazzolano i denti. Se la gengivite dura più a lungo, l’infiammazione può estendersi all’apparato parodontale, diventando così una parodontite.

 

3) Quali sono i sintomi della parodontite?

I primi sintomi non sono molto riconoscibili. A uno stato iniziale, infatti, la parodontite è una semplice gengivite, spesso reputata passeggera. Quando questi sintomi peggiorano o si prolungano scatta il campanello d’allarme: sanguinamento quando si spazzolano i denti, bordo gengivale gonfio e alitosi sono i fattori più comuni di una parodontite a uno stato iniziale. La diagnosi definitiva deve essere affidata al dentista, che attraverso esami diagnostici quali radiografie e sondaggio delle tasche parodontali può accertare la presenza di una malattia parodontale e il suo stato di gravità.

 

4) Qual è la differenza tra parodontopatia e piorrea?

Questi due termini sono spesso usati come sinonimi, ma rappresentano uno la malattia, uno il sintomo. La parodontite è l’infezione vera e propria, mentre la piorrea è la formazione di pus, associato al sanguinamento, sulle gengive. Questo sintomo si manifesta nelle malattie parodontali più gravi, e preannuncia una possibile instabilità dei denti.

 

5) Quali sono le terapie previste per la parodontite?

La prima fase di cura punta a migliorare l’igiene orale. Il dentista procede quindi con una o più sedute di pulizia dei denti professionale per rimuovere la placca batterica, e quindi la sede di proliferazione dei batteri in bocca. Un’adeguata igiene orale prosegue a casa, con indicazioni sul tipo di spazzolino e dentifricio utilizzare. Se il problema persiste, il dentista può procedere alla levigatura sottogengivale delle radici, una procedura eseguita in modo indolore, con anestesia locale. In alcuni casi è integrato l’antibiotico mirato, specialmente in presenza di piorrea.

 

6) Quando e perché ricorrere alla chirurgia?

La chirurgia parodontale diventa necessaria in caso di parodontiti avanzate, in cui i denti non sono sani né stabili, hanno perso parte dei loro tessuti e le gengive non offrono più adeguato supporto. La chirurgia consente sia di ripulire le tasche parodontali che di ricostruire i tessuti di sostegno del dente, che sono andati distrutti a causa della malattia.

 

7) La cura della parodontopatia è dolorosa?

Il dolore e il fastidio successivo per il paziente oggi è molto ridotto, grazie alle attuali tecniche chirurgiche e in particolare all’impiego del laser. L’intervento può essere eseguito ambulatorialmente con l’utilizzo di medicazioni pre-operatorie, di anestetici locali e antidolorifici somministrati dopo la chirurgia, in modo da rendere così la procedura chirurgica il più confortevole possibile.

 

8) Quanto tempo è necessario per la guarigione?

Il giorno successivo all’intervento il paziente può riprendere la sua normale routine quotidiana. Devo comunque seguire scrupolosamente le indicazioni del medico riguardo al tipo di dieta da seguire, ai farmaci da assumere, e più in generale, il comportamento da tenere.

Cura parodontite Firenze

Nel nostro studio dentistico si eseguono sia la diagnosi che il trattamento delle parodontopatie a Firenze con terapia laser per ridurre il dolore e i tempi di guarigione del paziente. Contattaci se le tue gengive continuano a sanguinare, o se i denti si muovono, per evitare di perdere parti importanti della dentatura.

Canini inclusi: cosa sono e come intervenire

Canini inclusi: cosa sono e come intervenire

I canini inclusi sono un problema dentale che riguarda tra l’1 e il 5% della popolazione adulta, conosciuti anche come denti nel palato o canini inclusi nel palato.

Il terzo dente dopo il molare, facilmente riconoscibile per la sua posizione (tra i denti anteriori e le mole) e per la sua forma (è l’unico dente appuntito), presenta spesso un problema di mancata eruzione difficile da diagnosticare a occhio.

Così come è possibile che vi sia uno spazio vuoto tra l’ultimo incisivo e la prima mola, è anche probabile che i canini inclusi siano rimasti all’interno della gengiva poiché il loro spazio è occupato dai canini da latte non caduti.

La permanenza del dente deciduo rende quindi impossibile stabilire la compresenza di canini non emersi, visibile soltanto durante la radiografia.

Molti adulti scoprono di avere dei canini da latte proprio durante una visita odontoiatrica, pur andando dal dentista per tutt’altro motivo.

Questo spinge molti pazienti a continuare a ignorare la questione: si può sopravvivere con una doppia coppia di canini, di cui due non emersi, ma è ben più consigliato correre ai ripari per evitare che i denti nascosti possano dare in futuro problemi di malocclusione o piorrea.

Vediamo insieme quali sono le cause dietro la mancata eruzione dei canini definitivi e quali soluzioni può offrirvi il vostro dentista di fiducia.

 

Canino incluso: cause

Come molti problemi dentali, le cause più frequenti che portano all’inclusione dei canini sono da ricercare nello sviluppo della dentatura durante l’infanzia.

L’uso prolungato del ciuccio, specialmente dopo i due anni, può infatti provocare una deformazione stabile, detta morso stretto, che restringe lo spazio disponibile del palato e della gengiva: così resta meno spazio per i denti futuri, e il canino incluso non può scendere poiché non trova alloggio.

Altra problematica è invece quella dell’agenesia dentale, ossia l’assenza di un nuovo dente canino che sostituisce quello deciduo. Il dente da latte, non ricevendo la “spinta” da quello definitivo, non è stimolato a cadere, e resta così ben saldo al suo posto, confondendosi con il resto della dentatura definitiva.

Solo una radiografia può rivelare la reale causa dell’inclusione dentale del canino. Prima si interviene, più il problema sarà facilmente risolvibile.

 

Dente canino incluso: le soluzioni

La maggior parte dei canini inclusi si distingue in due tipi, a seconda della direzione che assumono all’interno della gengiva. Si parla di canino incluso vestibolare quando cresce in direzione della guancia, e di canino incluso palatale quando è direzionato verso il palato.

Oltre alla direzione, per definire un piano terapeutico appropriato è importante capire come si sono assestati i denti all’interno della gengiva. Non avendo una direzione d’uscita, infatti, possiamo ritrovarci spesso in presenza di un canino incluso obliquo o orizzontale: nella radiografia risulta come un dente storto, o addirittura del tutto perpendicolare rispetto agli altri denti.

Conoscere queste differenze è utile al dentista per decidere quali cure odontoiatriche prendere per risolvere il problema.

 

Canini inclusi apparecchio

Se l’inclusione dentale viene individuata in giovane età, si passa quasi sempre per la via dell’ortodonzia.

L’apparecchio ai denti serve infatti ad allargare il palato, a dare più spazio alla gengiva e a creare quello spazio finora assente, per permettere al dente di scendere in posizione corretta.

Non sempre, però, un apparecchio è sufficiente, specialmente se si prendono provvedimenti in età adulta. Qualora il canino si sia posizionato in maniera obliqua o, nella peggiore delle ipotesi, ci trovassimo davanti ad un canino incluso anchilosato (saldato all’osso mascellare o mandibolare), l’unica strada perseguibile è quella chirurgica.

 

Canino incluso intervento

Un canino incluso, anche se scoperto in età adulta, non va preso sottogamba. Quando il canino non scende in maniera naturale, nemmeno dopo l’allargamento del palato con apparecchio, o quando non è in posizione corretta dentro la gengiva, si ricorre a un intervento chirurgico di due tipi:

  • trazione: si incide la gengiva per accedere al dente, si rimuove l’osso e la mucosa intorno al dente e si aggancia posizionando una staffetta che lo “tira” verso la direzione corretta. Questo è un metodo volto al riallineamento, e quindi al mantenimento del dente;
  • estrazione: se la trazione e l’apparecchio non danno i risultati sperati, non resta altro che togliere il dente definitivamente e lasciare sulla gengiva spazio a sufficienza per installare una protesi dentale fissa, a sostituzione dell’incisivo originale.

 

Cura dei canini inclusi a Firenze

Il nostro studio dentistico a Firenze è in grado di individuare attraverso una prima radiografia eventuali canini inclusi, e di sottoporre i pazienti ad una terapia con apparecchio o con estrazione, a seconda della gravità del caso.

Nel caso dell’inclusione canina, il tempo è veramente prezioso: se si interviene da bambini si risparmiano tante sedute dal dentista, e anche trattamenti chirurgici più invasivi. Contattaci per prendere subito un appuntamento.

Prevenire la carie nei bambini: consigli su come proteggerli

Prevenire la carie nei bambini: consigli su come proteggerli

Consiglio diretto per tutti i genitori: non assecondate i bambini che non vogliono lavarsi i denti. Forse non lo sapete ma è proprio la scarsa igiene orale la principale causa delle carie nei bambini.

Le carie sono molto ricorrenti anche sui bambini piccoli, colpendo i denti da latte se non vengono utilizzati spazzolino e dentifricio dopo ogni pasto. Tanto che la carie denti da latte è la principale infezione dentale per cui mamma e papà si rivolgono al dentista pediatrico.

Così come per gli adulti, nei bambini la carie può degenerare rapidamente, intaccando il nervo del dente e causando forti dolori che necessitano di cure specifiche.

L’otturazione dente per carie è molto frequente nei pazienti in età pediatrica, e può condurre alla distruzione dei denti decidui.

Come comportarsi di fronte al pericolo della carie? Ecco qualche consiglio utile per tutti i genitori, alle prese con l’igiene orale dei bambini.

 

Prevenzione carie bambini: cosa fare e come

Come già anticipato, lavare i denti dopo ogni pasto è un gesto di routine che deve entrare a far parte nella vita dei più piccoli da subito. Abituandoli così all’igiene orale già in età prescolare.

Anche quando i denti non sono ancora emersi del tutto, e i piccoli di casa sono in fase di svezzamento, papà e mamma possono pulire le gengive passando una garza sterile imbevuta dopo ogni poppata o dopo ogni pasto.

Questo aiuta ad alleviare anche le irritazioni causate dalla comparsa dei dentini, di solito tra i sei mesi di vita e i ventiquattro mesi compiuti, periodo in cui emerge la totalità di denti da latte.

Intorno all’anno di vita, quando il bambino o la bambina avranno preso più coscienza del mondo, arriva il momento di introdurli all’uso dello spazzolino. Scegli un modello con setole morbide e testina piccola, adatta alla bocca dei neonati.

Per un po’ di tempo dovrai accompagnare il bambino alla scoperta della pulizia dei denti, per prevenire il problema dei dentini da latte cariati. Affiancalo a te mentre lavi i tuoi denti, e guida la sua manina all’interno della bocca per condurlo con spazzolate lente e morbide.

Per i primi tre anni, questa operazione va eseguita insieme. Può diventare un bel momento di condivisione con i figli, trasformandolo così in un gesto abituale che continueranno a far da soli quando saranno grandi.

Una delle principali cause dello sviluppo di carie nei bambini è la malocclusione. L’utilizzo del ciuccio oltre i due anni fa sì che il palato si restringa, spostando i denti superiori verso l’alto e creando il cosiddetto morso aperto.

La distribuzione dei denti cambia radicalmente e può creare difficoltà sia nella masticazione che nella pulizia dei denti più profondi della bocca. Oltre al fatto che, in futuro, potrebbe diventare necessario l’uso dell’apparecchio per allineare di nuovo la mascella.

Evita di utilizzare il succhiotto oltre una certa età del bambino, proprio per queste ragioni.

 

Carie bambini: lo zucchero fa davvero male ai denti?

Per molti anni i nostri genitori hanno demonizzato lo zucchero come causa di carie nei denti dei bambini.

Un fondo di verità c’è, ed è innegabile: non sono gli zuccheri naturali, come quelli della frutta o dei carboidrati, ma gli zuccheri aggiunti ai cibi quali merendine, succhi di frutta, bevande gassate, crackers e altri cibi preconfezionati a incidere sulla salute.

Il deposito di zuccheri favorisce infatti l’acculumo di placca sui denti e, di conseguenza, la proliferazione batterica, responsabile della formazione di carie ai denti. Un circolo vizioso che si può rompere assumendo meno zuccheri e lavando sempre i denti dopo mangiato.

Attenzione alle camomille della buonanotte e agli sciroppi per la tosse: anche in questo caso il contenuto di zuccheri è alto, e, sebbene sembrano liquidi innocui, è sempre bene lavare i denti prima di andare a letto e non ingerire altro prima della nanna.

 

Dentini cariati: il ruolo del dentista

Anche se, in apparenza, i bambini non presentano alcun problema di natura odontoiatrica, la programmazione di una visita dentistica pediatrica entro i primi due anni di vita è consigliata per vari motivi:

  • abituare il piccolo al rapporto con il dentista, così da non creargli un trauma qualora fosse costretto a rivolgersi al dentista per un mal di denti improvviso;
  • verificare lo stato delle carie e ricevere istruzioni per una corretta prevenzione carie nei bambini;
  • verificare la posizione dei denti ed eventuali malocclusioni in corso di formazione.

Il nostro studio dentistico di Firenze, riceve piccoli e grandi pazienti. Contattaci per prenotare un appuntamento con i tuoi bambini.